Bonsai

Que otros se jacten de las paginas que han escrito; a mi me enorgullecen las que he leido
El lector - Jorge Luis Borges
“Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io sono orgoglioso di quelle che ho letto”

domenica 3 febbraio 2008

Fotografando


Foto GZ_2005 Pavia Certosa: i colori della terra

Aforisma Fotografico


Foto GZ_2005 Campagna lombarda: Non è poi così difficile

Antiqua

In questo spazio voglio tener traccia di alcuni fatti salienti e commentare alcuni dei "risultati" prodotti da uno dei miei hobbies degli ultimi anni, l'acquisto, principalmente su e_bay, di libri antichi (ovvero libri con almeno100 anni di vita). E' per me un piacere incredibile tenere un libro antico tra le mani, sfogliarne con cura ed amorevole attenzione le pagine per non accelerare l'inevitabile processo di degrado, sentire tra le pagine l'acre profumo dei secoli. Al di la di ciò che racconta, al di la del contenuto, un libro porta sempre con se la sua storia, il suo vissuto personale intrinseco, una traccia degli avvenimenti in cui è stato immerso nel suo cammino fino a noi, un pezzo della vita di chi lo ha letto e lo ha riposto all'interno della propria casa.Elementi questi che ne fanno un oggetto "vivo".


L'opera in questione, che costituisce uno dei più rilevanti trattati del 18° secolo sulla libertà politica Inglese, fu in realtà pubblicata per la prima volta ad Amsterdam in francese nel 1771, mentre l'edizione inglese dovrà aspettare altri 4 anni (uscirà a Londra nel 1775).
La copia in mio possesso è stata stampata nel 1817 ovvero 11 anni dopo la morte del suo autore Jean Louis DeLolme (1741-1806) politologo ginevrino, discepolo di Jean Jacques Rousseau e contrariamente al suo maestro, futuro fervente ammiratore del sistema politico britannico liberale e moderato.
Nonostante l'edizione in mio possesso sia del 1817, l'editore Baldwyn & Co ha pensato di mantenere i due passi introduttivi comparsi per la prima volta nella quarta edizione inglese quasi trent'anni prima, ovvero nel 1784, il primo dei quali è un accorato omaggio al Re d'Inghilterra Giorgio III.
Suppongo che l'editore, anche nel 1817, abbia voluto rimarcare con questa scelta il contenuto del libro, elogio al sistema politico inglese e per questo in qualche modo profetico rispetto ai grandi eventi del cinquantennio successivo alla sua prima uscita in stampa del 1771, ovvero la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche.
Va ricordato infatti che solo due anni prima, nel 1815, Napoleone veniva sconfitto a Waterloo dalla settima coalizione guidata per l'appunto dall'Inghilterra di Re Giorgio, il quale, ormai da tempo in condizioni di salute (mentale) precarie, morirà giusto tre anni dopo, nel 1820.
Va detto che Giorgio III nel suo regno dovette affrontare uno dei periodi più critici della storia britannica ed in particolare, oltre a quanto già citato con riferimento a rivoluzione francese e guerre napoleoniche, altri due momenti topici come l'inizio della rivoluzione industriale e le guerre d'indipendenza delle colonie americane. Di temperamento volitivo e caparbio, educato dalla madre a un fortissimo sentimento del suo potere e della propria dignità, cerca subito di assicurarsi il pieno controllo del governo inglese, disfacendosi di Pitt il Vecchio (1761), primo ministro troppo prestigioso, ed eliminando dai principali posti di governo i capi della potente consorteria Whig. Benvoluto dal popolo perchè nato in Inghilterra, a differenza dei predecessori, Giorgio III non si fa scrupolo di ricorrere alla corruzione per assicurarsi una solida maggioranza in parlamento e nell'elettorato: così alla fine del 1762, grazie a una diffusa rete di suoi fedelissimi (i cosiddetti "amici del re"), Giorgio III ha in pugno tutte le leve del potere del paese, esercitato attraverso ministri a lui devoti, tra cui i fedelissimi Bute e North. Il maggiore infortunio del regno di Giorgio III è l'insurrezione delle colonie americane, che malgrado le esortazioni alla moderazione di Pitt e di Burke cerca di soffocare con la forza, rifiutando ogni cedimento o comprensione. Il risultato sarà la secessione delle tredici colonie, sancita con il trattato di Parigi del 1783. Questa data segna il declino del potere del Re e porta a una svolta storica nella storia costituzionale britannica con l'affermazione del principio dell'autonomia del gabinetto e più ancora del primo ministro.

DeLolme che in gioventù si era schierato con Rousseau contro l'oligarchia che a quel tempo gestiva la loro città natale (Ginevra), presto cambiò opinione e venne a trovarsi sul fronte opposto rispetto al maestro, dalla parte di Montesquieu, nell'affermare che la libertà politica non può che essere assicurata dall'equilibrio dei poteri, che non si può dare completo potere ed autonomia al popolo e che il sistema parlamentare inglese è il giusto compromesso per garantire continuità e prosperità.
Con "La Costituzione Inglese..." DeLolme esplicitò per primo i concetti di Montesquieu sulla separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario ed esercitò in seguito una estesa influenza sia sul dibattito politico in Inghilterra, che sul disegno della costituzione americana e sulla crescita del pensiero politico liberale in tutto il 19th secolo.
L'obiettivo di questo libro è di dimostrare il modo nel quale il sistema politico inglese si possa proporre come valida alternativa alle forme di governo repubblicane (incluse quelle allora nascenti dalla rivoluzione francese) o ad altre istituzioni monarchiche europee, fornendo un sistema più stabile e completo di libertà politica.

venerdì 1 febbraio 2008

Arrivederci

Vi ho raccontato la storia dei miei cambiamenti: è stato come se ci fossimo seduti ancora una volta sulla spalletta di mattoni rossi all'ombra delle piante "pirelle", oltre il navazzone; o sul vecchio muro delle acacie, davanti al cortile dell'Abissinia. Anche voi mi avete narrato le vostre avventure, le vostre esperienze, quella strana mescolanza di doti, di speranze, di occasioni che, in fondo, è la vita.Forse non sono cambiato in una cosa sola, nell'amore verso il nostro paese e nell'affetto inimputabile, cioè senza mia colpa, per voi e la vostra gente. Arrivederci
Mario Zambarbieri
San Fiorano, Ottobre 2007

E' la commovente conclusione dell'ultima di ventuno "Lettere milanesi" del Prof. Mario Zambarbieri, illustre grecista e latinista, studioso e profondo conoscitore di Omero e dei classici, lettere pubblicate sul mensile Comunità Sanfioranese nel corso degli ultimi 3 anni. Lettere nelle quali ha raccontato e ricordato, come solo lui sapeva fare, 40 anni di vita, sua e del suo paese natale, San Fiorano, attraverso vividi e toccanti ricordi, sullo sfondo degli avvenimenti cruciali che hanno caratterizzato la storia italiana del ventennio, della II guerra e dell'immediato dopoguerra. E' lo struggente suggello del grande amore, immutabile ed inossidabile nel tempo, di questo illustre sanfioranese per la sua terra e per i suoi conterranei. Un arrivederci il suo che sa doppiamente di presagio, dopo la morte, che ha colto mai abbastanza preparati tutti coloro che gli hanno voluto bene, due giorni fa, venerdi 25 gennaio 2008; esattamente 53 anni dopo quella fredda mattina del 25 gennaio 1955 nella quale aveva lasciato per sempre San Fiorano, insieme alla moglie ed al figlio, per trasferirsi a vivere nella metropoli milanese.
Ciao zio Mario.
Un grazie dal profondo del cuore per il tuo affetto, per la tua saggezza e per i tuoi insegnamenti. Arrivederci.

Consigli per gli acquisti

L'arte di leggere
Paolo Mauri
Einaudi Editore
Piccolo saggio libro. "E' come guardare se stessi mentre si legge: una forma di spionaggio o se si vuole di introspezione".

Milano è una seconda Parigi
Eleonora Carantini
Sellerio Editore
Quando nei salotti culturali d'Europa era di moda parlare del proprio Gran Tour, ovvero di un giro che poteva durare mesi nelle più belle città del Bel Paese, Milano era considerata poco più che una tappa di transito per spostarsi da una città all'altra.Però, sotto sotto, leggendo pensieri e memorie di viaggiatori illustri, si scopre che in realtà Milano in qualche modo colpiva il visitatore, affascinandolo. Leggere per credere i ricordi di Thomas Jefferson, Lord Byron, Percy Shelley, Ralph W.Emerson, Charles Dickens, Herman Mellville, George Eliot, Marc Twain, Oscar Wilde.

La profezia dei Romanov
Steve Berry
Editrice Nord

Le ceneri di Alessandria
Steve Berry
Editrice Nord

Questo mese, per combinazione, due libri dello stesso autore, profondamente diversi nelle storie narrate, molto simili nell'essere entrambe "fantastorie" frutto del medesimo "trucco" letterario.Il primo romanzo incentrato sulle conseguenze dell'ipotesi di sopravvivenza di un discendente di una delle più note dinastie reali, quella dei Romanov, che la storia ci dice invece essersi estinta con la strage dello Zar Nicola II e di tutta la sua famiglia ad opera dei bolscevichi.L'altro romanzo sulle conseguenze dell'ipotesi di sopravvivenza, questa volta non di una persona, ma di una antica Biblioteca, o meglio della Biblioteca per eccellenza, quella di Alessandria, che sarebbe stata salvata, spostandola poco alla volta e di nascosto dall'Egitto in qualche remoto posto nel deserto arabico occidentale salvando con essa verità incredibili sul popolo ebraico e sulla Bibbia.Interessanti come tutti i romanzi "storici", avvincenti per la costruzione di questa sorta di universi paralleli, in stile Harris di Fatherland, sfruttando il vecchio trucco del "come sarebbero andate le cose se, anzichè andare come sono andate, fossero andate diversamente.....".

Bonsai

"Li faccia bruciare come gli altri ; perchè non ci sarebbe proprio di che stupirsi se poi mio zio, una volta sanato dalla sua malattia cavalleresca, leggendo questi, si incapricciasse di diventare pastore e di andarsene pei boschi e prati suonando e cantando, o peggio ancora, poeta, che a quanto dicono è una infermità incurabile e contagiosa."

Miguel de Cervantes
da "Don Chisciotte della Mancia"